Sarta

Quello del Sartore è uno dei mestieri fondamentali nelle carovane di mercanti dell’epoca, infatti venendo da posti lontani erano i portatori di nuove mode e materiali rari (stoffe e colori), che nelle isolate culture locali medievali erano difficili da conoscere. Il mestiere era perlopiù praticato dagli uomini, i mastri bottegai, con manodopera femminile specializzata nel cucito. Trattando chiaramente in materiali considerati di lusso, i sarti erano considerati dei benestanti appartenenti alla classe sociale dei mercanti.
La figura del sarto si afferma un po’ ovunque dalla metà del XII secolo (a Milano è certa l’esistenza di una scuola per sarti già nel 1102); nel Medioevo l’arte dei sartores era considerata un arte “lizéra”, perché per il suo esercizio e per aprire una bottega bastavano forbici, ago e filo, ma necessitava tuttavia di conoscenze approfondite, tramandate di generazione in generazione, oltre a grande abilità e precisione. Nella sua bottega il sarto tagliava le vesti, mentre i garzoni e i lavoranti avevano il compito di cucire e rifinire l’abito; nella bottega potevano svolgersi attività secondarie collegate alla sartoria, come tessuto, ricamo, pelletteria e accessori, per questo motivo esisteva uno stretto rapporto tra
sarti e mercanti.
Il Santo patrono dell’arte dei Sarti, Sant’Omobono (Omobono Tucenghi- Cremona XII secolo) era un santo laico, un imprenditore, un commerciante del ramo tessile posto sugli altari già ottocento anni fa, venerato come protettore dei mercanti e dei sarti. Il patrono d’ogni arte era considerato nel medioevo l’intermediario verso Dio dell’Arte stessa per questo la corporazione dei sarti scelse come Patrono Sant’Omobono che per valenza carismatica segnò una devozione fondata su una comunanza d’attività pratica, poiché in vita fu mercante e sarto. Un avvicinamento tra la sua figura e quella del sarto medievale, facilitava e soddisfaceva il bisogno di “riconoscibilità”della corporazione stessa dei
Sarti.
I tessuti presenti nel periodo considerato erano tutti di orine organica, erano chiaramente assenti i così detti sintetici. I tessuti sono divisibili in due grandi gruppi; di origine animale e di origine vegetale. Quelli di origine animale erano la lana e la seta, quest’ultima era considerata la più preziosa e rara dei tessuti. In principio la seta era solo di importazione cinese, ma già intorno al IV secolo Dopo Cristo a Bisanzio comincia l’allevamento del baco. Successivamente proprio sotto il dominio normanno comincia ad essere prodotta anche in Italia. I tessuti di origine vegetale erano invece il Lino, il Cotone egiziano, la Canapa e in forma minore e più povera l’Ortica e la Ginestra.
Le tinture per le stoffe erano tutte di origine animale o vegetale e venivano applicate per bollitura del colorante con la stoffa e fissate tramite diversi mordenti, come l’allume o il sale, erano però colori poco mordaci che presto sbiadivano.
Il colore dei vestiti rivestiva un importante funzione sociale, infatti più un capo presentava colori sgargianti più il proprietario era considerato ricco a causa dell’alto costo delle spezie utili per la colorazione (Porpora, zafferano, ecc.)
Le stoffe erano create a mano tramite l’uso dell’arcolaio, le trame erano molto semplici, si limitavano al dritto-rovescio e allo spigato. In quel periodo comincia anche la creazione del velluto, però più grezzo e meno raffinato di quello contemporaneo.
Sia per gli uomini che per le donne i modelli di vestiti erano circa gli stessi: a contatto della pelle vi era il Sottotunica, al di sopra del quale venivano indossate le Tuniche. I sottotunica, di solito in lino, si differenziavano solo nella lunghezza per i due sessi, più lunghe fino a piedi per le donne, al ginocchio per gli uomini. I colori di questi capi erano di solito poco appariscenti o addirittura assenti (colore naturale del lino). Altro discorso per le tuniche, che invece si differenziavano di più nei modelli, materiali e colori:
Pelicon: tunica da donna con manica corta e lunghezza al ginocchio
Kirtle: tunica da uomo a manica lunga e lunghezza al ginocchio, tipico per la presenza sul fondo dei gheroni, i triangoli di stoffa che servono ad allargare la circonferenza della tunica
Surcot: tuniche nobiliari femminili lunghe con maniche svasate e decorate
Scapolare: sopratunica aperta ai lati senza maniche usata sia dagli uomini che dalle donne
I principali strumenti utilizzati dai sarti erano: forbici di varia grandezza, aghi in osso o bronzo, stecche e cordini per la misurazione della stoffa, carboncini per segnare le pezze, ditali in osso o bronzo, tavoletta di cera per appunti.
Essendo quello trattato nella ricostruzione un mercante de regno normanno del sud tutti i modelli di vesti proposti nel banco, i materiali usati e lo stile degli oggetti saranno quelli tipici di quella cultura.
La figura del sarto si afferma un po’ ovunque dalla metà del XII secolo (a Milano è certa l’esistenza di una scuola per sarti già nel 1102); nel Medioevo l’arte dei sartores era considerata un arte “lizéra”, perché per il suo esercizio e per aprire una bottega bastavano forbici, ago e filo, ma necessitava tuttavia di conoscenze approfondite, tramandate di generazione in generazione, oltre a grande abilità e precisione. Nella sua bottega il sarto tagliava le vesti, mentre i garzoni e i lavoranti avevano il compito di cucire e rifinire l’abito; nella bottega potevano svolgersi attività secondarie collegate alla sartoria, come tessuto, ricamo, pelletteria e accessori, per questo motivo esisteva uno stretto rapporto tra
sarti e mercanti.
Il Santo patrono dell’arte dei Sarti, Sant’Omobono (Omobono Tucenghi- Cremona XII secolo) era un santo laico, un imprenditore, un commerciante del ramo tessile posto sugli altari già ottocento anni fa, venerato come protettore dei mercanti e dei sarti. Il patrono d’ogni arte era considerato nel medioevo l’intermediario verso Dio dell’Arte stessa per questo la corporazione dei sarti scelse come Patrono Sant’Omobono che per valenza carismatica segnò una devozione fondata su una comunanza d’attività pratica, poiché in vita fu mercante e sarto. Un avvicinamento tra la sua figura e quella del sarto medievale, facilitava e soddisfaceva il bisogno di “riconoscibilità”della corporazione stessa dei
Sarti.
I tessuti presenti nel periodo considerato erano tutti di orine organica, erano chiaramente assenti i così detti sintetici. I tessuti sono divisibili in due grandi gruppi; di origine animale e di origine vegetale. Quelli di origine animale erano la lana e la seta, quest’ultima era considerata la più preziosa e rara dei tessuti. In principio la seta era solo di importazione cinese, ma già intorno al IV secolo Dopo Cristo a Bisanzio comincia l’allevamento del baco. Successivamente proprio sotto il dominio normanno comincia ad essere prodotta anche in Italia. I tessuti di origine vegetale erano invece il Lino, il Cotone egiziano, la Canapa e in forma minore e più povera l’Ortica e la Ginestra.
Le tinture per le stoffe erano tutte di origine animale o vegetale e venivano applicate per bollitura del colorante con la stoffa e fissate tramite diversi mordenti, come l’allume o il sale, erano però colori poco mordaci che presto sbiadivano.
Il colore dei vestiti rivestiva un importante funzione sociale, infatti più un capo presentava colori sgargianti più il proprietario era considerato ricco a causa dell’alto costo delle spezie utili per la colorazione (Porpora, zafferano, ecc.)
Le stoffe erano create a mano tramite l’uso dell’arcolaio, le trame erano molto semplici, si limitavano al dritto-rovescio e allo spigato. In quel periodo comincia anche la creazione del velluto, però più grezzo e meno raffinato di quello contemporaneo.
Sia per gli uomini che per le donne i modelli di vestiti erano circa gli stessi: a contatto della pelle vi era il Sottotunica, al di sopra del quale venivano indossate le Tuniche. I sottotunica, di solito in lino, si differenziavano solo nella lunghezza per i due sessi, più lunghe fino a piedi per le donne, al ginocchio per gli uomini. I colori di questi capi erano di solito poco appariscenti o addirittura assenti (colore naturale del lino). Altro discorso per le tuniche, che invece si differenziavano di più nei modelli, materiali e colori:
Pelicon: tunica da donna con manica corta e lunghezza al ginocchio
Kirtle: tunica da uomo a manica lunga e lunghezza al ginocchio, tipico per la presenza sul fondo dei gheroni, i triangoli di stoffa che servono ad allargare la circonferenza della tunica
Surcot: tuniche nobiliari femminili lunghe con maniche svasate e decorate
Scapolare: sopratunica aperta ai lati senza maniche usata sia dagli uomini che dalle donne
I principali strumenti utilizzati dai sarti erano: forbici di varia grandezza, aghi in osso o bronzo, stecche e cordini per la misurazione della stoffa, carboncini per segnare le pezze, ditali in osso o bronzo, tavoletta di cera per appunti.
Essendo quello trattato nella ricostruzione un mercante de regno normanno del sud tutti i modelli di vesti proposti nel banco, i materiali usati e lo stile degli oggetti saranno quelli tipici di quella cultura.
© copyright Associazione Culturale Opificium
Tutte le foto e i testi sono di proprietà dell’Associazione. Con ciò non vogliamo vietarne completamente l’uso, a patto che se ne indichi la provenienza e/o autore. Grazie.
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