Usbergaio

Per tutto il XII-XIII Sec. l’armatura di maglia rimane indiscutibilmente la corazza difensiva più in voga nell’Europa occidentale.
Tale tipologia di armatura, chiamata nel medioevo usbergo o cotta di maglia, era costituita da anelli di ferro intrecciati fra loro, che andavano a costituire un vero e proprio abito di metallo adattabile alla figura del soldato.
La cotta di maglia è un tipo di armatura "a veste" formata da anelli in ferro (v. maglia di ferro), anticamente utilizzata per proteggere il corpo dei combattenti nelle mischie. Di invenzione celtica (IV secolo a.C.), poi passata alle truppe romane, figura nella panoplia di quasi tutte le culture guerriere eurasiatiche e nord-africane. Poteva essere utilizzata come armatura a sé stante o in aggiunta ad altri apparati difensivi.
L'esemplare museale di cotta di maglia più antico rinvenuto sul suolo europeo data al III secolo a.C.: si tratta di un'armatura in maglia di ferro rinvenuta in una necropoli celtica della Slovacchia, presso Horný Jatov. La maggior parte degli studiosi contemporanei, rifacendosi ad una tesi già sostenuta dallo storico latino Marco Terenzio Varrone, concordano nell'indicare appunto i Celti quali inventori della lavorazione "a maglia" del filo di ferro onde ricavarne un apparato difensivo per il tronco, dalle spalle alla coscia, ad un tempo solido ed elastico per proteggere il corpo del guerriero contro i colpi di spada, lancia e giavellotto. Questa particolare tipologia di armatura, ennesima prova della pregevole lavorazione del ferro da parte degli artigiani della cultura di La Tène, era destinata quasi unicamente ai reparti di cavalleria pesante reclutati tra le consorterie armate dei nobili ed ebbe larga diffusione in Europa tra IV e III secolo a.C., quando cioè le bande armate dei Celti si sparsero in lungo e in largo per il continente, raggiungendo il Mediterraneo e la Penisola Anatolica[3].
Dai Celti, la cotta di maglia passò agli Antichi Romani che, rifacendosi al modello dell'armatura barbarica svilupparono un apparato difensivo prodotto su larghissima scala per i legionari più solido rispetto alle corazze toraciche dell'Età del Bronzo e più economico rispetto ai piastroni in bronzo lavorati in foggia di torso umano utilizzati dagli alti ufficiali amanti del lusso di scuola greca. Prodotto di questa evoluzione fu la lorica hamata in uso alle truppe di Roma, tra alterne vicende, dalle Guerre puniche sino al V secolo.
Nel Medioevo la cotta di maglia era la base stessa dell’armamento, dell’uomo come del cavallo.Dal secolo XIV° la maglia tende ad assumere una funzione subalterna rispetto all’armatura in piastra, prima come elemento di raccordo e sostegno delle varie piastre, poi NEL 400’ come protezione integrativa nei punti meno sicuri,a esempio nelle articolazioni o in settori particolarmente delicati. Con il xvi° secolo la maglia assume una funzione decisamente accessoria o da parata ma ancora oggi la sua struttura trova impiego nel mondo della macellazione dove norcini e macellai per proteggersi da eventuali tagli da coltello usano guanti con la stessa trama.
Diverse sono le parti che costituiscono l’intera armatura, ognuna tesa a proteggere varie zone del corpo. L’usbergo appunto riveste gran parte della figura, andando a coprire torso, braccia, cosce e, in alcune tipologie, anche la testa, essendo ancorato una sorta di cappuccio all’armatura stessa, che qualora separato prendeva il nome di camaglio. Per la difesa delle mani si usavano una sorta di guanti realizzati sempre in armatura di maglia, chiamati Muffole che ,anche in questo caso, potevano essere o meno solidali con le maniche dell’usbergo. Per la protezione degli arti inferiori invece si utilizzavano dei calzari che coprivano completamente le gambe o in alcuni casi solo la parte anteriore, ossia quella più esposta ai colpi.
L'Usbergaio era una sorta di fabbro armaiolo che nel periodo medievale realizzava queste ricercate protezioni difensive e, data la forte specializzazione, era considerato un lavoro d’elite che solo officine specifiche riuscivano ad ottenere.
Il processo di realizzazione iniziava scaldando una barra di ferro, che successivamente veniva allungata, stirandola, attraverso dei fori sempre piu’ piccoli ricavati in blocchi di metallo presagomati. Quando il diametro era quello desiderato si procedeva ad attorcigliare il filo ottenuto su di un tondino di vario diametro, quello che se ne ricavava era la cosidetta molla, dalla quale tagliando le spire si ricavavano gli anelli che sarebbero andati a formare l’armatura vera e propria. L’assemblaggio consisteva poi nell’intrecciare i vari anelli e nel chiuderli: per fare questo si sovrapponevano i due capi dell’anello uno sull’altro e, una volta schiacciati, veniva praticato un piccolo foro su cui veniva posto un rivetto. Così facendo ogni singolo anello risultava più robusto, in modo da poter resistere alle armi da taglio e da punta oltre alla frecce scoccate da una certa distanza.
Tale tipologia di armatura, chiamata nel medioevo usbergo o cotta di maglia, era costituita da anelli di ferro intrecciati fra loro, che andavano a costituire un vero e proprio abito di metallo adattabile alla figura del soldato.
La cotta di maglia è un tipo di armatura "a veste" formata da anelli in ferro (v. maglia di ferro), anticamente utilizzata per proteggere il corpo dei combattenti nelle mischie. Di invenzione celtica (IV secolo a.C.), poi passata alle truppe romane, figura nella panoplia di quasi tutte le culture guerriere eurasiatiche e nord-africane. Poteva essere utilizzata come armatura a sé stante o in aggiunta ad altri apparati difensivi.
L'esemplare museale di cotta di maglia più antico rinvenuto sul suolo europeo data al III secolo a.C.: si tratta di un'armatura in maglia di ferro rinvenuta in una necropoli celtica della Slovacchia, presso Horný Jatov. La maggior parte degli studiosi contemporanei, rifacendosi ad una tesi già sostenuta dallo storico latino Marco Terenzio Varrone, concordano nell'indicare appunto i Celti quali inventori della lavorazione "a maglia" del filo di ferro onde ricavarne un apparato difensivo per il tronco, dalle spalle alla coscia, ad un tempo solido ed elastico per proteggere il corpo del guerriero contro i colpi di spada, lancia e giavellotto. Questa particolare tipologia di armatura, ennesima prova della pregevole lavorazione del ferro da parte degli artigiani della cultura di La Tène, era destinata quasi unicamente ai reparti di cavalleria pesante reclutati tra le consorterie armate dei nobili ed ebbe larga diffusione in Europa tra IV e III secolo a.C., quando cioè le bande armate dei Celti si sparsero in lungo e in largo per il continente, raggiungendo il Mediterraneo e la Penisola Anatolica[3].
Dai Celti, la cotta di maglia passò agli Antichi Romani che, rifacendosi al modello dell'armatura barbarica svilupparono un apparato difensivo prodotto su larghissima scala per i legionari più solido rispetto alle corazze toraciche dell'Età del Bronzo e più economico rispetto ai piastroni in bronzo lavorati in foggia di torso umano utilizzati dagli alti ufficiali amanti del lusso di scuola greca. Prodotto di questa evoluzione fu la lorica hamata in uso alle truppe di Roma, tra alterne vicende, dalle Guerre puniche sino al V secolo.
Nel Medioevo la cotta di maglia era la base stessa dell’armamento, dell’uomo come del cavallo.Dal secolo XIV° la maglia tende ad assumere una funzione subalterna rispetto all’armatura in piastra, prima come elemento di raccordo e sostegno delle varie piastre, poi NEL 400’ come protezione integrativa nei punti meno sicuri,a esempio nelle articolazioni o in settori particolarmente delicati. Con il xvi° secolo la maglia assume una funzione decisamente accessoria o da parata ma ancora oggi la sua struttura trova impiego nel mondo della macellazione dove norcini e macellai per proteggersi da eventuali tagli da coltello usano guanti con la stessa trama.
Diverse sono le parti che costituiscono l’intera armatura, ognuna tesa a proteggere varie zone del corpo. L’usbergo appunto riveste gran parte della figura, andando a coprire torso, braccia, cosce e, in alcune tipologie, anche la testa, essendo ancorato una sorta di cappuccio all’armatura stessa, che qualora separato prendeva il nome di camaglio. Per la difesa delle mani si usavano una sorta di guanti realizzati sempre in armatura di maglia, chiamati Muffole che ,anche in questo caso, potevano essere o meno solidali con le maniche dell’usbergo. Per la protezione degli arti inferiori invece si utilizzavano dei calzari che coprivano completamente le gambe o in alcuni casi solo la parte anteriore, ossia quella più esposta ai colpi.
L'Usbergaio era una sorta di fabbro armaiolo che nel periodo medievale realizzava queste ricercate protezioni difensive e, data la forte specializzazione, era considerato un lavoro d’elite che solo officine specifiche riuscivano ad ottenere.
Il processo di realizzazione iniziava scaldando una barra di ferro, che successivamente veniva allungata, stirandola, attraverso dei fori sempre piu’ piccoli ricavati in blocchi di metallo presagomati. Quando il diametro era quello desiderato si procedeva ad attorcigliare il filo ottenuto su di un tondino di vario diametro, quello che se ne ricavava era la cosidetta molla, dalla quale tagliando le spire si ricavavano gli anelli che sarebbero andati a formare l’armatura vera e propria. L’assemblaggio consisteva poi nell’intrecciare i vari anelli e nel chiuderli: per fare questo si sovrapponevano i due capi dell’anello uno sull’altro e, una volta schiacciati, veniva praticato un piccolo foro su cui veniva posto un rivetto. Così facendo ogni singolo anello risultava più robusto, in modo da poter resistere alle armi da taglio e da punta oltre alla frecce scoccate da una certa distanza.